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La riflessione inviata da una lettrice per la festa della Liberazione: “L’essere umano abbia sempre una coscienza collettiva”

25 aprile 1 • TUTTIGIORNI

Pubblichiamo di seguito integralmente una riflessione che la nostra lettrice Paola Bini ha inviato alla redazione di Tuttigiorni con l’intento di ricordare l’importanza della Festa del 25 aprile:

“Decido di scrivere in occasione della ricorrenza del 25 aprile su un giornale on line nato da poco, per ricordare che il progresso serve alla realizzazione e al miglioramento di condizioni precedenti e che deve essere appannaggio di tutti. Realizzazione, miglioramento e fruibilità per tutti sono il messaggio che il 25 Aprile vuole richiamare.

Quello che invece riscontro spesso nella realtà quotidiana è la miopia che guida gli accadimenti, una cecità che vorrebbe essere corretta attraverso lenti progressive ma che non trova il suo punto di equilibrio focale.

Battersi per la propria condizione e pensare progressivamente, influendo sui servizi e le attività rivolte a tutti, presuppone la consapevolezza che parte di quei tutti possano subire più di altri: battersi per la propria condizione e pensare progressivo dovrebbero quindi partire dal riconoscere prima le condizioni di maggiore svantaggio.
Per questo occorre una lente progressiva sì, ma la cui messa a fuoco dipenda dalla coscienza, che quando non sia personale, deve certamente essere collettiva. Lo sciopero come strumento di lotta. Lo sciopero come strumento di tutela dei propri diritti.

Ma ci sono dei diritti che sono inalienabili: il diritto allo sciopero rimane un diritto del singolo e delle categorie di appartenenza dei lavoratori finché non leda il diritto alla tutela degli anziani, dei minori e dei fragili e il diritto alla salute.

Per cercare di progredire e porre in essere miglioramenti continui, si dovrebbe partire dall’assunto che un servizio essenziale deve essere garantito a tutti, altrimenti diventa un discapito piuttosto che un miglioramento.
La tv digitale: segnale migliore, più accurato, i film si vedono come al cinema, le partite come allo stadio, ma se non funziona si ritorna alla caverna con la candela e chi ci torna sono i più fragili: gli anziani per i quali la tv è un familiare e le persone costrette a casa per qualche motivo, ma non coloro che possono permettersi il costo della tv satellitare, per i quali basta switchare tasto sul telecomando.

Non è questo che il 25 aprile ci insegna.
25 aprile è Liberazione dall’inesorabilità degli accadimenti, dove chi può procede e chi non può rimane indietro, si ferma, scompare.
25 aprile è essersi fermati e aver detto che così non poteva continuare, qualcosa bisognava fare. E non solo per sé stessi, perché a ben vedere quello che era più semplice fare era continuare così, finché non tocchi a me.
Se questo è un uomo, come sosteneva Primo Levi, ha prima di tutto una coscienza, formata a livello personale e collettivo, non in qualità di individuo, ma di essere umano. Individuo: ciascun elemento della collettività.
Uomo: essere cosciente e responsabile dei propri atti, capace di distaccarsi dal mondo organico oggettivandolo e servendosene per i propri fini.
La differenza è tutt’altro che sottile. Il 25 aprile ce lo ricorda”.

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